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Il Mercato del Lavoro: La Bussola dell'Economia Globale

  • info250781
  • 10 set
  • Tempo di lettura: 2 min

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Il Mercato del Lavoro: La Bussola dell'Economia Globale

In un mondo dominato da analisi su PIL, inflazione e tassi d'interesse, il mercato del lavoro resta il cuore pulsante dell'economia. È qui che si misura la resilienza di una società e si tracciano le prospettive future.


Il meccanismo è chiaro: il lavoro genera reddito, il reddito alimenta i consumi, i consumi stimolano la domanda aziendale, che a sua volta crea nuove opportunità occupazionali. Questo ciclo virtuoso è il motore della crescita, ma è vulnerabile a fattori come automazione, globalizzazione e shock esterni, che ha spinto milioni di persone fuori dal mercato del lavoro, con molti che non sono più tornati (vedi grafico).


Negli Stati Uniti, secondo il Bureau of Labor Statistics (luglio 2025), il tasso di disoccupazione ufficiale (U3) è al 4,3%, ma il tasso U6, che include disoccupati, lavoratori scoraggiati e part-time involontari, raggiunge il 7,9%. Questo significa che quasi 1 americano su 12 è sottoutilizzato, un dato che va oltre i titoli ottimistici.


I Non-Farm Payrolls di luglio 2025 mostrano solo 73.000 nuovi posti di lavoro, ben al di sotto delle aspettative di 110.000. Ancora più preoccupanti le revisioni: giugno è stato rivisto drasticamente al ribasso da 147.000 a soli 14.000 posti, mentre maggio ha subito un taglio di 125.000 unità. Complessivamente, queste revisioni mostrano che l'occupazione di maggio e giugno è stata 258.000 posti inferiore rispetto a quanto inizialmente riportato.


Queste modifiche hanno portato al licenziamento di Erika McEntarfer (direttrice del Bureau of Labor Statistics) da parte del presidente Trump, che l'ha accusata pubblicamente di aver manipolato i dati sull'occupazione per scopi politici. Questi dati più negativi, se comunicati nel momento opportuno, avrebbero potuto facilitare la decisione della FED di tagliare i tassi.


Le stime degli analisti davano l'80% di probabilità di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a settembre, questo prima dei dati di ieri dell'inflazione annuale al 2,7% (in linea con le attese) e di quella core al 3,1% (sopra le attese). Di fatto, con il suo duplice mandato orientato alla stabilità dei prezzi e alla massima occupazione, la Fed è particolarmente sensibile sia ai dati sul lavoro sia a quelli sull’inflazione, bilanciando costantemente questi fattori nelle sue decisioni, a differenza della BCE che ha un mandato primario sulla sola stabilità dei prezzi. Ciò la potrebbe “finalmente” portare al taglio dei tassi, se i dati occupazionali dovessero indebolirsi in modo significativo. D’altro canto, la banca centrale mantiene un’attenzione molto alta sull’inflazione, che resta ben lontana dal target del 2%. 


Con un mercato in rialzo e il dollaro in calo i mercati sembrano prezzare un imminente taglio dei tassi da parte della Fed, sostenuti non solo dai dati macro ma anche dall’intensa pressione politica esercitata dal presidente Trump su Jerome Powell per accelerare una svolta accomodante.


 
 
 

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